1 min letti
INTERVISTA A DINO MENEGHIN

Per chi come il sottoscritto è un amante della “palla a spicchi”, avere la possibilità di incontrare una persona come Dino Meneghin è un evento incredibile. E vedere che lui non ti rifiuta una chiacchierata è davvero qualcosa che, come successo a me, rimarrà nei miei ricordi per sempre! Di seguito riporto le domande che gli ho fatto: 

  • Tu eri stato scelto ai draft NBA del 1970 dagli Atlanta Hawks, ma il tuo debutto non è mai avvenuto. Mi puoi raccontare come mai?

 L’America in quegli anni era un mondo sconosciuto per noi europei, anche perché in NBA negli anni 60 già erano a livello professionistico, mentre in Italia stava nascendo quel modo di giocare a pallacanestro. Quando la franchigia americana (Atlanta) mi scelse nel 69 dovevano essere gli uomini dello staff a chiamarmi, ma nessuno mi ha mai contattato e il GM di quell’epoca dopo avermi scelto ha anche cambiato franchigia, quindi è tutto svanito nel nulla.  Quando dopo NY mi ha invitato a giocare la Summer League, anche in quella occasione nessuno si è fatto sentire per firmare un contratto. 

  • Cosa è cambiato dal basket in cui giocavi tu a quello che si gioca adesso?

 È cambiato tutto, dalla seconda metà anni 60 è iniziato il professionismo vero…. due allenamenti al giorno, tecnica, attacco-difesa, è cambiato il pallone e l’abbigliamento che si usa nel gioco. È cambiato tutto in meglio, quindi allenatori e giocatori giocano molto più facilmente. Prima gli assistenti andavano a vedere le partite per scoprire gli avversari, ora con i video su internet è più facile preparare le partite. 

  • Quale dei giocatori della nazionale attuale è secondo te quello che più ti assomiglia come modo di giocare?

 Non ce n’è uno in particolare. Adesso i giocatori hanno ruoli interscambiabili, io ero Centro puro. Forse Tessitori che ha giocato poco all’ultimo europeo è quello che più si avvicina a me. 

  • Cosa manca alla nazionale italiana per tornare a brillare nelle competizioni internazionali come successo nel 1983 (o nel 1999, che tu hai vissuto come parte dello staff)?

 Un paio di centri in più darebbero sicuramente una mano e lunghi buoni aiuterebbero a vincere. (giocatori come Antetokoumpo o Jokic)

  • Quanto è importante per te avere un figlio che ha cercato di ripercorrere le tue orme (essendoci riuscito in parte)?

 Vedere che facesse uno sport mi è sempre piaciuto, che poi abbia scelto il basket è stato un di più per me. Anche lui è stato un grandissimo giocatore, e ora è un ottimo giornalista sportivo. Sono orgoglioso della sua scelta. 

  • Tre parole in cui ti senti descritto come persona e come uomo di pallacanestro

Entusiasta delle cose che faccio. Professionale e disponibile. 


Dopo aver letto il libro "Passi da gigante" da lui scritto, in cui racconta della sua vita e della carriera da cestista posso proprio esclamare che è una fortuna aver incontrato e scambiato due parole con un "gigante" dello spessore di Dino Meneghin!